“Il sommerso nel turismo ha superato il livello di guardia, determinando gravi conseguenze per i consumatori, per la collettività e per il mercato”. È quanto afferma il Presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, commentando i risultati di un monitoraggio che la federazione ha realizzato con l’ausilio della società Incipit Consulting e che viene presentato oggi a Rapallo in occasione della 67^ Assemblea Generale Ordinaria di Federalberghi. Bocca sottolinea che “il fenomeno danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza e che entrambe le categorie sono esasperate dal dilagare della concorrenza sleale che inquina il mercato”.
“In questi giorni – ricorda il presidente di Federalberghi – il Parlamento sta esaminando un decreto legge che assegna ai portali il compito di prelevare alla fonte la cosiddetta cedolare secca, pari al 21% del prezzo pagato dai clienti degli appartamenti in affitto. Anche se la definizione di un’aliquota agevolata non ci esalta – prosegue – apprezziamo il fatto che sia stato individuato un percorso per garantire il prelievo delle imposte. E’ bene tuttavia chiarire che si tratta di una soluzione positiva ma non sufficiente, che dovrà essere integrata con altre misure di tutela, ad esempio in materia di igiene e sicurezza, di pubblicità ingannevole e, ancora, in termini di trasparenza: è necessario prevedere la comunicazione delle generalità degli alloggiati alla pubblica sicurezza. Ultimo ma non da ultimo, va considerata l’imposta di soggiorno”.
“Le buone regole – conclude Bocca – servono a poco se non sono accompagnate dagli opportuni controlli. Per questo motivo, Federalberghi ha censito le strutture parallele che vendono camere sui principali portali ed ha programmato di mettere gli elenchi nominativi a disposizione delle autorità investigative competenti e delle amministrazioni nazionali e territoriali”.
I NUMERI DELLA SHADOW ECONOMY
Ad aprile 2017, erano disponibili su Airbnb 214.483 alloggi italiani, con una crescita esponenziale che non accenna a fermarsi (42.804 alloggi in più nel corso del 2016, pari ad un incremento del 25,6%). Le strutture di natura analoga (appartamenti in affitto e bed and breakfast) censite dall’Istat sono 103.459.
Si può pertanto certificare ufficialmente l’esistenza di almeno 110.000 alloggi che sfuggono ad ogni controllo, con l’avvertenza che le strutture mancanti all’appello sono probabilmente il doppio, in quanto gli alloggi presenti sul noto portale erano 52 a dicembre 2008, anno in cui l’Istat censiva 84.189 strutture.
Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno troviamo Roma con 25.743 alloggi, Milano con 14.523, Firenze con 6.992 e Venezia con 5.973.
Per quanto riguarda le regioni, la pole position spetta alla Toscana, con 34.595 alloggi, seguita dal Lazio con 32.663, dalla Lombardia, con 25.148 e dalla Sicilia con 23.020.
4 BUGIE A CUI NON CREDERE
Dall’analisi delle inserzioni presenti ad aprile 2017 sul portale Airbnb emergono quattro grandi bugie che smascherano definitivamente la favoletta della condivisione.
NON È VERO CHE SI TRATTA DI ATTIVITÀ OCCASIONALI. La maggior parte degli annunci (il 76,3%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.
NON È VERO CHE SI TRATTA DI PICCOLI REDDITI. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà degli annunci (il 56,77%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Guido che gestisce 507 alloggi e Simona che ne mette in vendita 347.
NON È VERO CHE SI CONDIVIDE L’ESPERIENZA CON IL TITOLARE. La maggior parte degli annunci (il 70,6%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.
NON È VERO CHE LE NUOVE FORMULE TENDONO A SVILUPPARSI DOVE C’È CARENZA DI OFFERTA. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.
Il consumatore è ingannato due volte – in quanto viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività e del mercato.
5 BUONI ESEMPI DA IMITARE
I più importanti paesi turistici hanno dettato regole per porre un argine al dilagare degli affitti abusivi. Ecco alcuni buoni esempi.
AMSTERDAM
Gli appartamenti privati possono essere affittati per non più di sessanta giorni all’anno e non possono ospitare più di quattro persone per volta.
BARCELLONA
Chi vuole affittare il proprio appartamento per periodi brevi deve chiedere una licenza.
BERLINO
Il comune di Berlino ha vietato l’affitto di appartamenti ai proprietari che non siano titolari di una licenza.
BRUXELLES
A Bruxelles può affittare casa per meno di 90 giorni solo chi rispetta una serie di requisiti rigidissimi e solo con il consenso di tutti i condomini del palazzo.
PARIGI
I proprietari degli immobili affittati per brevi periodi devono iscriversi in un registro pubblico, dichiarando le proprie generalità, l’indirizzo e le caratteristiche dell’alloggio.